Nelle ultime edizioni della
Biennale di Venezia un ospite infiltrato ha approfittato della grande manifestazione
internazionale per dare un appuntamento spontaneo agli artisti esclusi ( e probabilmente
nemmeno rubricati negli archivi della stessa ) che avessero voluto parteciparvi.
Tale intrusione ha funzionato come nota di innocenza movimentista, del tutto avulsa dalla
logica ufficiale dell' ente veneziano, che hasaputo trasformare l'estraneità involontaria
in felice straniamento.
I registi di queste infrabiennali corsare si chiamano Renata Galiazzo e Silvio De Campo,
coppia di irriducibili situazionisti postmoderni.
La visibilità pubblica delle incursioni è stata limitata ma i risultati interni sono
stati di grande entusiasmo e fecondità creativa.
Soprattutto in merito al progetto di una società degli artisti che si va autorganizzando
come parte significativa dell'investimento creativo globale e che, ultimamente, ha
registrato molti voti a favore, sino a diventare l'ipotesi artistica più trendy di fine
secolo. Lo stesso gruppo "Oreste" è stato invitato alla Biennale di Szeemann
proprio perché propugna una simile campagna di reclutamento autogestito di artisti,
spazi, iniziative, programmi, viaggi e campeggi.
Tuttavia i nostri artisti padovani, pur collegandosi al Forum-sito dello stesso gruppo
Oreste, hanno dato vita ad una loro Biennale su Internet. Irrimediabilmente convinti di
quello che fanno e instancabilmente operosi in quella stessa direzione, animati ogni volta
da un'idea sperimentale quanto umana ( in merito alle partecipazioni, alla bontà
emolliente dell'arte come occasione e come modello di relazione ), Renata Galiazzo e
Silvio De Campo hanno lanciato l' invito.
Un manipolo di autori, artisti e non, ha aderito formulando pagine elettroniche. Gli
interventi più interessanti riguardano l'utilizzazione appropriata del mezzo che, alla
fine, davanti al monitor, ci offre una prova a mezza strada tra le risorse del video e
quelle del computer, legata a doppio filo all' idea del tempo, della durata,
dell'apparizione e della permanenza sullo schermo, da considerarsi fattore estetico
attivo, tutto da approfondire in sede critica.
Vi sono sia icone che parole ma, ma quel che più conta, vi sono idee, fisiologiche al
mezzo per veicolarle. Sono giunte poesie di parola e poesie visive, sono giunti capricci,
fantasie, esternazioni, umori che navigano liberi e svertebrati come il paguro
"bernardo l'eremita" cercando la conchiglia libera dove fermarsi e secernere i
loro succhi. Viscere e etere, o forse viscere etere: questa è l' arte contemporanea,
ventre di carne, di plastica, di pixel e di cosmo. Tutto il resto è congettura, edonismo
e nostalgia, lecite attività della mente e del cuore che, va detto a loro merito, possono
riservare ancora qualche lampo di genio.
Virginia Baradel